La prima menzione storica del Palazzo marchesale di Jacopo Caldora si trova in un documento riportato dal cronista seicentesco Nicola Alfonso Viti.
Questo documento parla dell’indennizzo riconosciuto dal signore di Vasto ai frati agostiniani nel 1427, per l’utilizzo di parte del loro orto per la costruzione di un palazzo. Non si hanno invece notizie sul fatto che esistessero altre strutture precedenti riutilizzate dal Caldora.
Il Palazzo venne celebrato per la sua bellezza. Flavio Biondo, un noto umanista, lo descrisse come “superbissimo”.
Purtroppo, però, non ci sono altre descrizioni dettagliate né immagini dell’edificio originario. Incendiato nell’assalto degli Ottomani del 1566, il Palazzo sarebbe stato ricostruito in forme rinascimentali al termine del secolo, inglobando i resti del palazzo quattrocentesco.
Gli studi sui muri del palazzo suggeriscono che la struttura originale avesse un perimetro, un’altezza e un numero di piani simili a quelli attuali. Tuttavia, il lato rivolto verso il mare ha subito molte modifiche nel corso dei secoli, rendendo difficile immaginare il suo aspetto originale.
Elementi del palazzo di Jacopo Caldora sono emersi nel 1991 durante il restauro del complesso.
L’elemento di maggior fascino è il portale, di cui sono visibili gli stipiti e parte dell’archivolto scolpito, in stile durazzesco, il tardo gotico impostosi con la nuova dinastia dei d’Angiò-Durazzo nel Regno di Napoli dopo l’instaurazione di Carlo III nel 1382.
La parte che conserva le maggiori tracce dell’architettura originale si trovano sulla facciata meridionale del palazzo, quella che dà sul giardino.
Qui troviamo una cornice decorativa con piccole arcate trilobate, sostenute da mensole, che si sviluppano su due livelli. Sempre sulla stessa facciata, tra due finestre, è presente una bifora in stile flamboyant, un’elegante espressione del gotico tardo.
Sempre sulla stessa facciata un portale murato, sempre in stile durazzesco, sopra il quale è visibile una finestra gotica.
Questi meravigliosi dettagli architettonici ci permettono di immaginare lo splendore originario del palazzo e il perché all’epoca fosse tenuto così in considerazione.